Spettacolo musicale e coreografico coprodotto dal Festival Oriente Occidente di Rovereto
Danza
Compagnia ARTE3
Regia e coreografia
Marcella Galbusera
Musica
Stefano Benini (Didjeridoo, Flauti etnici, conchiglie);
Matteo Bellini (Didjeridoo, tromba tibetana, strumenti etnici); Massimo Rubulotta (percussioni, strumenti etnici/conchiglie)
Il suono tribale del Didjeridoo nelle sue multiformi possibilità espressive. La voce profonda e ipnotica dello strumento aborigeno australiano per eccellenza suggellata dal gesto e dalla danza, che ne sottolineano le sue caratteristiche e particolarità. La genuinità e cromaticità delle immagini proiettate di pittura Dot Art.
In armonia con la danza ed il racconto che li accompagnano, i flauti etnici e le percussioni rappresentativi della word music.
In questo viaggio multiculturale, il didjeridoo australiano, le conchiglie del pacifico, le trombe tibetane, il flauto cinese ed il dan-moi vietnamita, il flauto koncovka dell’europa dell’est ed il flauto Pellerossa e globulare Andino, si uniscono alla coreografia che, libera da ogni vincolo di rievocazione tribale, esalta la diversa espressività degli strumenti attraverso un linguaggio contemporaneo intimo ed emotivo, offrendo paesaggi di intensa fisicità. Un intreccio musicale, coreutico e narrato di suggestivo e coinvolgente impatto.
“…Il suono dei didjeridoos guida il viaggio ipnotico.Musica e danza si sono fusi nello spettacolo di ARTE3 fino a una seduzione reciproca….. Prima sono gli strumenti a perlustrare il palco, poi sono i corpi di Angela Adami, Marcella Galbusera, Manuela Padovani e Iguacèl Sanchez a cercare le sonorità fisiche nel contatto col legno. Di dialoghi e contaminazioni parla l’ultimo spettacolo di danza di ARTE3: Didjeridoos, dal nome degli strumenti a fiato degli aborigeni australiani. Un viaggio ipnotico nell’iniziazione al suono…il confine tra antropologia e arte è lasciato vago e permeabile. È danza o rito? Cerimonia o lavoro estetico? Laicità, nel senso di autonomia dei linguaggi e religiosità si confondono. Così come si fondono i ruoli della musica e del danzatore. Chi muove chi? Una relazione sperimentale se anche il prestigioso Oriente Occidente ha co-prodotto un lavoro che viaggia tra i mondi dentro un percorso labirintico sulle origini. I viaggiatori sono gli strumenti…che scandiscono la profonda discesa nelle viscere del respiro e delle sue modulazioni acustiche. La suggestione è già atmosfera con la sola danza immersa nel paesaggio acustico di ritmi tribali, etnici……Gli strumenti hanno….una loro essenziale e pulita presenza scenica straordinaria.
Soprattutto quando dialogano tra loro senza basi. Come le trombe tibetane che lontane dal loro mantra d’alta quota sono al teatro Camploy possibilità di intrecciare un discorso forse amoroso, sicuramente caldo con i corpi delle danzatrici avvinghiate sullo strumento. Pulsioni e pulsazioni elettriche e muscolari.
Accompagnamento, seduzione reciproca, energia l’uno per l’altro, possessione buona che guida il corpo alla scoperta dell’abbandono.” (2013 L’Arena – Simone Azzoni)
«Didjeridoos» danza e rito al festival AcquaZone
Marcella Galbusera sottolineato che Didjeridoos non è un rito, ma al rito rimanda. Del rito ha l’estetica e il ritmo. Perché lo spettacolo (coprodotto dal Festival Oriente Occidente di Rovereto) che stasera chiude il Festival AcquaZone è un intreccio di atmosfere di danza e musica contemporanee.
Lo spettacolo, in scena alle 21,15 in quella vasca dell’arsenale che ha così affascinato e tentato la coreografa veronese, è un viaggio multiculturale, un racconto impastato d’immagini, innervato di suoni, aperto a suggestioni tribali, etniche. Il suono ipnotico del didjeridoo è indagato da Stefano Benini. La voce profonda e ipnotica dello strumento aborigeno australiano per eccellenza apre il viaggio all’uso di altri strumenti come le conchiglie del pacifico, le trombe tibetane, il flauto cinese ed il dan-moi vietnamita, il flauto koncovka dell’Europa dell’est ed il flauto pellerossa e globulare andino. Un concerto di ritmi, una mise en abîme all’infinito di coreografie sonore.
Parti, innesti sulla danza di Angela Adami, Manuela Padovani, Iguacel Sanchez e la stessa Galbusera. Corpi da mettere in dialogo con le immagini di pittura Dot Art.
In caso di pioggia lo spettacolo si terrà al Camploy. Si può controllare la location sul sito www.arte3.net.
L’Arena 05.09.2014
Didjeridoos dal deserto all’acqua
Musica e danza amplificati dall’insolito luogo. Molto pubblico….
“Successo di pubblico alla vasca dell’Arsenale per il festival AcquaZone. Un’eccezione e un risultato considerevole se si considerano le varianti contrarie: l’instabilità del meteo, la novità della rassegna e un luogo non abituato ad eventi. Brava Marcella Galbusera a crederci nonostante le difficoltà burocratiche e la penuria di sponsor. Pubblico dunque, anche fuori dalle transenne che recintavano l’anfiteatro naturale della vasca. E pubblico sul bordo ad assistere, un po’ distante, alla replica acquatica dello spettacolo (co-prodotto da Oriente Occidente) passato qualche anno fa al Camploy. L’impianto coreografico è quello: l’acqua ha aggiunto suggestioni e riflessi nuovi….. Il didjeridoos è uno strumento narrativo, che racconta storie producendone immaginifici quadri aperti sui vasti orizzonti australiani. Nel suo ambiente è la voce del deserto e dei suoi abitanti, l’evocazione di un comunicare che trascende la parola. Nel lavoro della Galbusera è termine di dialogo con il corpo che da esso trae spunti per una danza che ne segue i ritmi, le pause, la carne sonora. Il suono, basso e melodioso dei flauti suonati da Stefano Benini, Matteo Bellini e le percussioni di Massimo Rubolotta sono un esperimento di dialogo anche con l’acqua, le vibrazioni sonore rimbalzano e si moltiplicano sulla superficie e lì sprigionano la loro maggior efficacia, anche scenografica. Le onde acustiche amplificano le lontananze degli strumenti e della loro origine. La voce narrante della «sacerdotessa» Sabrina Carletti dà una cornice mitica a quello che accade sull’acqua e nell’acqua. Gli strumenti su una piattaforma di legno e nella vasca Angela Adami, Manuela Padovani, Iguacel Sanchez e la stessa Galbusera danno luce al buio atavico del suono. Una luce che passa dai riflessi del palcoscenico, liquido come una tela di Turner. Una leggerezza, un galleggiamento…..che ritrova sintesi quando i corpi vibrano, giocano e si sciolgono nell’acqua”.
Simone Azzoni – L’Arena 08.09.2014
Didjeridoos
Il suono dei didjeridoos guida il viaggio ipnotico.Musica e danza si sono fusi nello spettacolo di ARTE3 fino a una seduzione reciproca….. Prima sono gli strumenti a perlustrare il palco, poi sono i corpi di Angela Adami, Marcella Galbusera, Manuela Padovani e Iguacèl Sanchez a cercare le sonorità fisiche nel contatto col legno. Di dialoghi e contaminazioni parla l’ultimo spettacolo di danza di ARTE3: Didjeridoos, dal nome degli strumenti a fiato degli aborigeni australiani. Un viaggio ipnotico nell’iniziazione al suono…il confine tra antropologia e arte è lasciato vago e permeabile. È danza o rito? Cerimonia o lavoro estetico? Laicità, nel senso di autonomia dei linguaggi e religiosità si confondono. Così come si fondono i ruoli della musica e del danzatore. Chi muove chi? Una relazione sperimentale se anche il prestigioso Oriente Occidente ha co-prodotto un lavoro che viaggia tra i mondi dentro un percorso labirintico sulle origini. I viaggiatori sono il flauto cinese, quello pellerossa e il koncovka, le conchiglie del Pacifico, il globulare andino e i didjeridoos che scandiscono la profonda discesa nelle viscere del respiro e delle sue modulazioni acustiche. La suggestione è già atmosfera con la sola danza immersa nel paesaggio acustico di ritmi tribali, etnici……Gli strumenti hanno….una loro essenziale e pulita presenza scenica straordinaria. Soprattutto quando dialogano tra loro senza basi. Come le trombe tibetane che lontane dal loro mantra d’alta quota sono al teatro Camploy possibilità di intrecciare un discorso forse amoroso, sicuramente caldo con i corpi delle danzatrici avvinghiate sullo strumento. Pulsioni e pulsazioni elettriche e muscolari. Accompagnamento, seduzione reciproca, energia l’uno per l’altro, possessione buona che guida il corpo alla scoperta dell’abbandono.
2013 – L’Arena Simone Azzoni